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Atlantideologia

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ATLANTIDEOLOGIA

PARTE V

LA NEO-ATLANTIDEOLOGIA

di Guido Maria St. Mariani di Costa Sancti Severi

fondatore del Centro di Studi Eleusini Madre "Sidera Tau 8"


Abbiamo visto come i Testi della Disciplina Arcaico-Erudita, tramandati dalle Scuole Misteriche e Sapientali degli Eleusini- Madre, fanno menzione del 9.528 a.C. quale anno in cui, dopo ben 9.458 anni di prospera civiltà, le Sette Grandi Isole del Mar d'Occidente, conosciute dalla Tradizione come Atlantide, si inabissarono fra i flutti dell'Oceano in seguito a un immane cataclisma che sconvolse l'intero pianeta.
Sarà in uno dei prossimi articoli che ci occuperemo di analizzare la natura e la portata di questo sconvolgimento e le sue ancora oggi visibili conseguenze sulla morfologia e sull'assetto della Terra. Come prenderemo del resto in esame le tracce materiali tutt'oggi esistenti (anche se vergognosamente ignorate dall'Archeologia ufficiale) della civiltà atlantidea, presenti in un'area che va dalle Americhe all'Africa e al Medio Oriente, passando per i fondali dell'Oceano Atlantico.
Ci occuperemo, altresì, in questa sede, di come è avvenuta la sopravvivenza della memoria storica della civiltà atlantidea attraverso la cultura mediterranea, tramite una fase conosciuta in ambito eleusino come Neo-Atlantideologia, fase che, storicamente, va dalla fine di Atlantide al 1.184 a.C., anno della distruzione di Troia. Da un punto di vista religioso e culturale, gli Eleusini della classicità si rifacevano agli Egeo-Minoici quali loro ultimi eredi, e, secondo la Tradizione eleusina, il mondo egeo-minoico-lelegico era stato il perpetuatore, nel Mediterraneo, dell'eredità storica delle Sette Grandi Isole del Mar d'Occidente. È per questo che, secondo la Disciplina Arcaico-Erudita, la storia e la cultura dell'Impero dei Minosse prima, e la civiltà troiana poi, vengono comprese nella Neo- Atlantideologia, ovvero la prosecuzione della cultura atlantidea nel Mediterraneo.
In base alle nostre fonti, Hanebu (per gli Egizi Keft, per noi Creta), con le isole dell'Egeo, Cypro e la Penisola Anatolica, fu il centro egemonico di tutte le colonie atlantidee a Est delle Colonne d'Ercole (Gibilterra). La Tradizione inizia con Aster (Asteriòs), Dio-Re di Hanebu, detto il Toro Bianco, figlio del Titano Anak, il Signore. Questi sposa la bellissima ninfa oceanide Europa, che Hesiodo fa figlia dei Titani, Okean e Thethys. I due sposi si "conoscono" sotto l'Albero di Gurtyna, o "Albero
della Discendenza", sacro alla Dea Brythemarthys, e generano Minosse, Rhadamanthe, Sarphedunthe e Eufeme. Minosse erediterà l'Europa mediterranea, comprensiva delle isole, fra cui Creta, e chiamerà il suo regno col nome della madre Europa ("Spazioso Occidente"). Rhadamanthe erediterà invece l'Egitto e il resto dell'Africa mediterranea (notare, nel nome, la radice Rha, identica al Rha egizio). A Sarphedunthe toccherà l'Asia Minore, mentre a Eufeme andranno le zone pelasgiche della Calcidica e del Mar Nero. Da dove veniva tanto potere ai figli di Aster e ad Aster medesimo? Narra la tradizione che, ogni nove anni (cifra che, esotericamente, indica la chiusura di un piccolo ciclo), i Re-Sacerdoti di Creta, che si chiamavano tutti Minosse (appellativo dinastico come lo fu Augusto nell'antica Roma), si ritiravano soli in una delle grotte di Kamaras, sul versante occidentale dell'isola. Lì conferivano con il loro "Padre Occidentale", Uranòs, il quale poteva confermarli o meno Re-Sacerdoti della terra di Europa. Situazione, questa, che, al di là del mito, ci dà l'idea di una Creta da intendersi come "protettorato", o meglio "governatorato", di Atlantide, la quale, per volontà dei suoi Signori, poteva o meno confermare il mandato ai suoi governatori.
La civiltà egea, iniziata verso l'8.000 a.C., se non prima, gettò le basi per quella che è conosciuta come la "Confederazione dei popoli egeo-pelasgici della Nube" (cioè, non esistendo più sulla Terra la matrice Notte, si accontentarono del suo "crepuscolo") per circa 6.600 anni fu quindi l'erede della "Terra Perduta", diffondendone il pensiero e la religione. Attorno al 4.000 a.C. essa si caratterizza già distintamente in tre ceppi e, fra questa data e il 3.500 a.C., esplode nella sua fase egeo-lelegica. È l'inizio del periodo pelasgico, con il progressivo controllo su tutto il Mediterraneo. Nel 3.000 a.C. inizia la fase mysica, con la fondazione di Troia e, dal 2.500 a.C. si avvicendano le fasi egeo-minoica pre-palaziale, palaziale I palaziale
Fin dal 2.500 a.C. il minoico era già un vero impero marinaro; un impero che, per influenza e potenza, niente avrebbe avuto da invidiare a quello di Roma. Un impero che si dissolse misteriosamente in una sola notte, attorno al 1.450 a.C., come la Tradizione vuole che sia accaduto ad Atlantide millenni prima.
A Creta, nelle Cicladi, in Grecia e in Anatolia iniziò allora il periodo miceneo (1.400-1.100 a.C.), espressione di una civiltà di diversa matrice culturale, che già esisteva in precedenza, ma che era soggetta a quella minoica. Caduto l'Impero dei Minosse, il centro della Cultura egea dei Popoli della Nube si spostò a Troia, caposaldo della Coscienza della Stirpe Titanica. Essa visse fino al 1.184 a.C., quando venne annientata insieme ad altre ventitrè città della Mysia da quei popoli chiamati "Aichaivava" (Achei, Eoli, Xuti, Helleni, Joni), genti non mediterranee, calate in Grecia dal Nord, caratterizzate dall'uso di idiomi indo-europei e da capigliature bionde.
Come il mito di Troia, anche quello del Labirinto trova riscontro nella realtà archeologica. Scavando sulle tracce delle antiche leggende, Arthur Evans riuscì a svelare i misteri di Cnosso. Egli, sorpreso e incredulo, si trovò di fronte alla più affascinante scoperta archeologica dei suoi tempi. Era il marzo del 1.900. Già dopo quindici giorni di scavi, Evans, che ancora non credeva ai suoi occhi poteva ammirare i resti di un edificio che, via via, assumeva le dimensioni di un palazzo enorme: mura affrescate, cortili, tetti sorretti da pilastri, centinaia di stanze, santuari, giardini pensili, bagni dotati di vasche e condutture d'acqua. Un microcosmo organico e stupefacente che appariva fermato in una fissità attonita e tragica. La vita, in quel luogo, si fermò all'improvviso, durante le vicende abituali di un giorno qualsiasi, spazzata via da un tremendo evento che distrusse ogni cosa, cancellando letteralmente dalla faccia della Terra una civiltà millenaria. È questo il grande mistero della fine della civiltà minoica, rimasto in gran parte insoluto per i moderni archeologi.
II grande maremoto provocato dall'eruzione del vulcano dell'isola di Thera, scaraventò l'intera flotta cretese contro le montagne. L'ondata gigantesca che si abbatté sull'isola cancellò completamente, attorno al 1.450 a.C., la potenza economica e militare minoica. Ma molti restano gli enigmi insoluti su questa vicenda. Thera si trova a più di cento chilometri a Nord di Creta, e le montagne cretesi sono alte fino a 2.500 metri. Come è possibile, ad esempio, che le potenti città poste nel Sud dell'isola, protette da queste imponenti montagne, siano state colpite molto più duramente di Cnosso, che invece è scoperta sulla costa Nord, proprio di fronte a Thera? Forse un'altra misteriosa forza che niente aveva a che vedere con l'eruzione, è intervenuta per annientare una civiltà che conservava da millenni la memoria della perduta Atlantide?
Dagli archivi del palazzo di Cnosso sono andati perduti tutti i documenti di vita politica e internazionale, probabilmente scritti su materiali deperibili come il papiro. Per ironia della sorte sono giunte a noi soltanto le umili tavolette di argilla. Destinate alla contabilità spicciola. Gli unici documenti che si sono dimostrati capaci di sfidare i secoli. È sufficiente la mancanza completa di fortificazioni ad attestare il carattere pacifico e la sicurezza della civiltà minoica. Chi mai poteva essere, infatti, così folle da avvicinarvisi? Le potenze anatoliche come Troia, Tebe Ipoplacia, Limesso, Pedasa e Mileto, possenti capitali dei Lelegi-Carii, ne erano sorelle per sangue e per stirpe; l'Egitto, con i suoi faraoni, niente più che "cugini poveri" del grande Re-Sacerdote di Cnosso, temeva la potenza minoica, ed intratteneva con essa fiorenti commerci; la Fenicia e la Syria usavano con Creta mille gentilezze per il timore di essere annesse. resto del Mediterraneo, esclusa la prospera civiltà iberico-atlantidca di Tartesso, rappresentava di fatto per Creta un territorio sottosviluppato, buono solo per la conquista.
La Tradizione ci narra di certi "prodigi" e di certe invenzioni "tecnologiche" presenti nella Creta minoica. Numerosi elementi farebbero ipotizzare che certi "marchingegni" fossero frutto di conoscenze ereditate dai minoici dalla precedente cultura atlantidea, della quale erano figli e depositari. O, più semplicemente, tentativi di realizzare di nuovo congegni che erano in uso millenni prima in forma molto più sofisticata. Un esempio su tutti è rappresentato dai famosi Talos, giganti di bronzo con testa taurina, che, secondo la Tradizione, avevano il compito di proteggere e vigilare le coste dell'isola (600 chilometri), facendo tre turni di giri giornalieri. Medeya, che, secondo il mito, voleva aiutare l'amante Giasone e i suoi argonauti a sbarcare sull'isola, mostra di conoscere il segreto per "disattivare" i Talos, facendo ruotare un chiodo di bronzo posto dietro il loro collo. Si trattava di una sorta di valvola per controllare un meccanismo di moto idraulico?
Molti altri sono i "prodigi" o gli strumenti "prodigiosi" menzionati da svariati testi, sia riferiti a Creta che ad altre aree dell'Egeo. Buoi di bronzo che sputavano dalle narici un raggio azzurro inceneritore erano a guardia della reggia dei Re-Sacerdote Eethe, il cui regno fu la Colchide, situata sulla costa occidentale del Mar Nero. Siamo qui in presenza, secondo la Neo- Atlantideologia, di un'altra colonia atlantidea nel mondo europeo. Una sorella di Eethe, Phasifae, andò sposa a Minosse II, e divenne madre di molti figli, fra cui Arianna e Fedra (ambedue amate dallo jonico Teseo) e Asterione, identificato con il mitico Minotauro. Il nome Aster-Rà-Une indicava l'erede al trono, il "principe dei fiori di giglio". Altra sorella di Eete fu Syrs (Circe), la "Maga Azzurra dell'Ovest". Secondo la Tradizione ella era la moglie di un Re di Atlantide, alla morte del quale, cacciata dai sudditi, si era rifugiata sull'isoletta di Eea, dove la incontrò Odysseo. Eethe e le sue sorelle Phasifhae, Circe e Hekhathe, secondo la Tradizione, erano stati generati da Elio, figlio del Titano Hypherione e dell'Oceanide Phershea.
Due mute di cani, una in oro e oricalco, l'altra in argento, proteggevano la reggia di Arethe e del fratello-sposo Alcynau, sovrani del popolo dei Feaci, che vivevano sull'isola di Scheria, oggi identificata con Corfù.
Costoro, ci informa l'Odyssea, abitavano in Scheria soltanto da due generazioni, poiché provenivano dalla perduta terra di Hypherhèa, dalla quale era fuggito il loro padre Nausitau, definendola "ultimo lembo di Atlantide". Anche i Feaci, quindi sarebbero stati coloni di Atlantide nel Mediterraneo, anche se, nel loro caso, si sarebbe trattato di una colonizzazione tardiva, proveniente dagli ultimi lembi di Atlantide rimasti ancora emersi in epoca storica e più volte menzionati dai Fenici.
Tornando ai cani artificiali dei Feaci, secondo la Tradizione ci fu chi riuscì a catturarne uno e a portarlo in Grecia, ma questi, forse avendolo manomesso nel tentativo di comprenderne il funzionamento, fece una morte orribile, simile a quella di chi è stato esposto a forti radiazioni.
La grande maga Micale, anch'essa, secondo la Tradizione atlantidea, andava e veniva dalla Luna con un "carro volante", le cui "stalle" erano nelle viscere del monte Micale, sito sulla costa della Caria, vicino all'antica città minoica di Kadne (la greca Priene).
In conclusione, fra le propaggini della cultura atlantidea nel Mediterraneo, non possiamo non ricordare le celebri Eorphate, termine che, letteralmente, significa "omicide" (dal Scyta "Eor" = uomo e "Patha" = uccidi), che i Greci chiamarono Amazzoni. Esse, fra le altre cose, erano note per le loro meravigliose e imponenti miniere di Oricalco, ubicate in Paflagonia, regione anatolica sul Mar Nero. Esse, secondo la Tradizione, le avevano ereditate direttamente dagli Ennosigei, la popolazione egemonica di Atlantide, quella che si cimentò nella colonizzazione dell'Europa, diffondendovi la sua cultura fino alle Catene del Caucaso.
 

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