IL VALORE ECUMENICO E UNIVERSALE DELL'ELEUSINITA'
di Munemisyne Alutha Tam Shye
Uno dei principali significati del messaggio della Dea Demetra e dell'istituzione, in
seguito al Discorso della Rivelazione, dei Sacri Misteri e dell'Ecclesia Eleusina Madre,
consiste nella possibilità, offerta all'intera umanità, di estendere attraverso
l'Iniziazione il concetto sacrale di "Stirpe" a livello ecumenico, universale.
Con la chiusura di quella fase storica chiamata "Coscienza Proto-Eleusina" e l'apertura
della fase detta "Antico Eleusin0" (1.216 a. C. - 780 a. C.), avvenuta in concomitanza
con l'incarnazione della Dea e con l'istituzione dei Sacri Misteri, si assiste ad un
evento epocale da un punto di vista storico, religioso e dottrinale. Il concetto
proto-eleusino di "Stirpe", di "Appartenenza alla Stirpe", benché sia rimasto uno dei
valori fondamentali dell'Eleusinità ("Sacra è la Stirpe e sacro è l'uomo che l'onora"),
era connesso in origine all'appartenenza culturale ed "etnica" alla stirpe egea di
derivazione minoico-lelegica, da intendersi alla stregua di "Popolo Sacro", custode e
detentore del culto titanico, dei suoi valori e delle sue tradizioni, in un mondo
culturalmente e religiosamente sempre più ostile. Un mondo prettamente mediterraneo, in
cui si diffondevano nuovi culti di matrice "olimpica" e "patriarcale", professati
soprattutto da quei popoli come gli Achei, gli Eoli, gli Joni, i Dori, gli Xuti, di
origine né egea, né tantomeno mediterranea, che avevano progressivamente invaso l'Ellade
e l'intera area del Mar Egeo.
Con l'istituzionalizzazione dei Misteri Eleusini, e con l'apertura di questa nuova fase
storica (l'Antico Eleusino) il concetto di Stirpe tendette a perdere sempre più la sua
peculiarità "etnica" e, nel segno del Phikkhesh, la "Fratellanza Mentale", esso venne
virtualmente esteso a tutta l'umanità discendente dal Dio Titano Giapeto. Venne
virtualmente esteso a tutti coloro che si ritenevano pronti per l'iniziazione e che si
identificavano nei valori dei Misteri e dell'Eleusinità nel suo complesso, quale che
fosse la loro origine, la loro provenienza geografica, la loro lingua o la loro posizione
sociale. Oltre a ciò, l'istituzionalizzazione dei Sacri Misteri rappresentò un fatto
epocale, perché andò a stravolgere, sia pur solo ideologicamente, tutto un sistema,
proprio delle culture elleniche, fondato sulle differenze individuali, di sesso, di
classe e di nazione. Tutti gli iniziati divenivano uguali agli occhio degli Dei e
dell'Ecclesia. L'iniziato, nella "parentesi" rituale del culto, si spogliava di tutte le
funzioni e dei diritti-doveri propri del suo status all'interno del "sistema" e,
raggiungendo una condizione di fratellanza mentale e sociale con gli altri iniziati
(entrando così nel novero della "Stirpe allargata"), contraddiceva il "sistema"
stesso.
L'esperienza iniziatica eleusina assurgeva così a valore assoluto, attraverso un
rovesciamento "mistico" dei valori comuni dell'epoca.
Coloro che, dopo l'iniziazione (ed erano la maggioranza) decidevano di non proseguire la
loro esperienza iniziatica verso "gradi" superiori all'interno delle precipue Coorti
ecclesiali, e facevano ritorno alle loro case, alle loro città o nazioni, alla loro
esperienza di vita quotidiana, vedevano comunque il mondo con altri occhi. Come ebbe a
dire Sopatro, in seguito alla propria esperienza iniziatica eleusina, essi si sentivano
"stranieri a se stessi", ed avevano una nuova visione delle cose e del mondo. A qualunque
paese essi appartenessero, dall'Etiopia alla Gallia, dalla Germania all'Anatolia,
qualunque fosse il loro status sociale o la loro posizione, portavano sempre con sé il
senso di appartenenza alla "Stirpe", da intendersi adesso non più soltanto come "Popolo
Sacro", ma anche e soprattutto come "Comunità di fedeli e di iniziati". E, benché tornati
alle proprie occupazioni quotidiane, essi avrebbero accettato il mondo con i suoi
sistemi, le sue norme, i suoi istituti civili e religiosi, come un male non del tutto
inevitabile. Si sarebbero adattati alle norme e agli istituti propri del villaggio o
della polis, e quindi dell'esistenza mondana, pur considerando questa condizione come
"effimera", e sentendosi pienamente realizzati solo se insieme ad altri iniziati, insieme
cioè ad altre persone che potessero con loro condividere la Conoscenza dei Grandi Misteri
della vita, del creato e dell'increato, dell'Universo e degli Dei. Avrebbero comunque
continuato la loro vita nella società, attenendosi però scrupolosamente alle regole ed ai
principi morali dell'Eleusinità.
Si badi bene, infatti, che l'esperienza iniziatica non implicava di per sé affatto un
rifiuto della società, con le sue istituzioni civili, e dell'elemento materiale di questa
(come venne interpretata invece da numerose comunità di indirizzo orfico, caratterizzate
da un misticismo esasperato), bensì il saper vivere nella società, pur ravvisandone
l'effimerità, seguendo nel proprio vivere quotidiano i principi morali ed i dettami
dell'Eleusinità, anche dove non vi fossero Templi, Santuari o comunità ecclesiali. Un
saper vivere, quindi, nella società, anche se con occhi diversi e con una speranza in
più: la certezza di qualcos'altro oltre questo mondo, oltre questa vita fisica.